5 compositori per il cinema del nuovo millennio – Parte II

Seconda parte

2015: Alexandre Desplat e The Danish girl

Con Alexandre Desplat siamo di fronte a un’icona del panorama delle musiche per film. Premio oscar nel 2015 e nel 2018 rispettivamente con Grand Budapest Hotel e La forma dell’acqua, ha composto più di cento colonne sonore collezionando molti riconoscimenti a livello internazionale. Ricordiamo tra le sue opere Il velo dipinto, The Tree of Life, Il discorso del re, Argo, Il curioso caso di Benjamin Button.

Dal romanzo di David Ebershoff, The Danish Girl racconta la storia di Lili, una donna bellissima e molto timida che vive imprigionata nel corpo di Einar, un pittore sposato con una collega, Gerda, conosciuta alla scuola d’arte di Copenaghen.

Il disvelamento della reale identità dell’uomo, che da sempre si è sentito una donna, è il vero protagonista del film, unito al grande amore della moglie che lo accompagna fino alla fine della sua  travagliata vicenda.

Gioco, curiosità, gioia e angoscia cedono il passo l’un l’altro in un crescendo di drammaticità all’interno di una pellicola di rara sensibilità e raffinatezza.

Il panorama per una colonna sonora non è semplice da descrivere. Le caratteristiche principali dell’opera di Desplat sono una grande capacità di orchestrazione che non valica mai i limiti della compostezza. Questo senza dubbio aiuta l’autore a rimanere nell’ambito di un commento sonoro raffinato e che non indugia in picchi emotivi che avrebbero sottolineato in modo troppo esplicito temi già di per sé estremamente delicati e coinvolgenti.

The Danish Girl rimane dunque una colonna sonora classica, raffinata ed elegante, che accompagna il romanticismo della storia tra moglie e marito transgender, senza dare spazio a possibili dissonanze che potessero richiamare l’angoscia e lo smarrimento del protagonista.

Orchestra e pianoforte sono gli attori principali che muovono melodie toccanti coronate da un arrangiamento efficace e coinvolgente.

2015: Ryūichi Sakamoto e The Revenant

Con questo film siamo di fronte davvero a un caso cinematografico dell’ultimo decennio, nonché a due giganti del mondo del cinema come il regista Inarritu (Amores perros, 21 grammi, Babel, Birdman) e il compositore Sakamoto (Furyo, Ultimo Imperatore, Il tè nel deserto, Love is the devil, Tacchi a spillo, Piccolo Buddha).

La pellicola ha sbancato tutti i premi possibili a livello internazionale:

Premio Oscar

Miglior regia a Alejandro González Iñárritu

Miglior attore protagonista a Leonardo Di Caprio

Miglior fotografia a Emmanuel Lubezki

Golden Globe

Miglior film drammatico

Miglior regista a Alejandro González Iñárritu

Miglior attore in un film drammatico a Leonardo Di Caprio

Bafta

Miglior film

Miglior regista a Alejandro González Iñárritu

Miglior attore protagonista a Leonardo Di Caprio

Migliore fotografia a Emmanuel Lubezki

Miglior sonoro a Lon Bender, Chris Duesterdiek, Martin Hernandez, Frank A. Montaño, Jon Taylor, Randy Thom

Anche la colonna sonora originale a Carsten Nicolai e Ryūichi Sakamoto ha ricevuto le candidature sia al Bafta che al Golden Globe.

Il film, scritto diretto e coprodotto da González Iñárritu, è in parte basato sul romanzo Revenant – La storia vera di Hugh Glass e della sua vendetta.

Balzato all’attenzione del grande pubblico come il film che ha fatto conquistare l’agognata statuetta al protagonista Leonardo Di Caprio, affiancato dal bravo Tom Hardy, è girato con tecniche innovative di ripresa e di fotografia che lo rendono un’opera davvero importante per la cinematografia contemporanea.

La storia, ambientata nell’America di inizio ‘800, viaggia sulla continua frizione tra una realtà di cruda sopravvivenza e vendetta feroce, e l’intima pace interiore trovata nel rapporto padre figlio che il protagonista difende come vera ragione di vita.

La colonna sonora è un’orchestrazione di archi realizzata con melodie minimali e raffinati arrangiamenti che riempiono di timbriche avvolgenti lo svolgersi della storia. La musica non vuole essere la protagonista, lasciando l’azione ai personaggi, alle immagini, ai paesaggi monumentali immortalati dal regista.

Ma la scelta della dilatazione della linea melodica accompagna il lungometraggio in un continuum che ce lo fa percepire, come nella volontà dello stesso  Iñárritu, come evento unico, senza soluzione di continuità, una vicenda che si apre e si chiude senza dar spazio a possibili sviluppi alternativi della vicenda umana in essa narrata.

L’orrore apre il film e deve chiudersi solo con il compimento della vendetta. La vicenda è complessa ma in realtà può essere considerata lo scatto di un’istantanea.

Le musiche sono state curate dal musicista giapponese Ryūichi Sakamoto in collaborazione con il chitarrista e frontman dei The National, Bryce Dessner, e con il compositore tedesco Carsten Nicolai, meglio conosciuto come Alva Noto.

I brani contenuti al suo interno sono stati incisi e registrati dai Northwest Sinfonia, un’orchestra sinfonica locale. Le sedute sono state dirette dallo stesso Sakamoto. Il maestro André de Ridder si è invece occupato della direzione degli Stargaze, un’altra orchestra di Berlino formata da 25 elementi. Alcune delle tracce dell’album, che sono ben 23, sono state oggetto di revisione da parte di Ludovic Morlot, che diresse l’Orchestra Sinfonica di Seattle, per l’incisione del brano Become Ocean, mentre la compositrice francese Eliane Radigue curò la realizzazione di Jetsun Mila. (fonte: Wikipedia).

Vedi prima parte…

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